Professioni ICT, traino di innovazione e sviluppo nel mondo del lavoro

Gli oggetti legati all’informatica sono entrati nella quotidianità in maniera pervasiva: tra smartphone, tablet e computer sempre più prestanti e veloci, quasi ci si dimentica che i software che usiamo, i siti che guardiamo e utilizziamo, le app che semplificano la nostra vita sono prima progettati da una precisa categoria di professionisti: quelli detti, in generale, i “professionisti ICT”.

ICT lavori

Al momento attuale, i lavori del settore ICT sembrano quelli maggiormente in grado di offrire garanzia di un lavoro facile da trovare e ben remunerato:

l’Osservatorio della competenze digitali, che viene condotto dalle maggiori associazioni italiane specializzate nel campo dell’informatica, ha stimato a fine 2018 che nei prossimi tre anni, in Italia, saranno necessari circa 88.000 posti di lavoro per professionisti nel campo delle tecnologie informatiche e di comunicazione. Ulteriore dato interessante è stata la stima, sempre da parte dell’Osservatorio, che proprio di queste figure professionali ne sarebbero mancate 12.000 già nel 2019.

Le motivazioni di questo gap tra domanda e offerta sono molteplici: probabilmente ha una forte incidenza il sistema di istruzione, che fatica a rimanere al passo con un mondo del lavoro sempre più in evoluzione; le giovani generazioni vengono così introdotte in modo superficiale o nullo nel mondo di queste nuove professioni.

D’altro canto, però, essendo così legati all’innovazione tecnologica, i lavori concernenti la tecnologia dell’informatica e della comunicazione sono spesso completamente “nuovi”, e nascono da esigenze che si vengono a creare empiricamente piuttosto che da schemi a priori. Possono dunque apparire di difficile comprensione a chi non è dell’ambiente.

Ma, andando nel concreto: quali sono le professioni ICT più richieste, e quali competenze deve possedere chi desidera cercare lavoro in questo ambito?

Quali sono le professioni ICT più richieste, che competenze devono avere e quanto guadagnano?

Il 49% degli annunci di lavoro nel settore ICT riguarda gli sviluppatori, che dunque si aggiudicano il primato di professionisti più ricercati.

Seguono, in percentuale, gli ICT Consultant, con un 17%. Sono in crescita le domande per Cyber Security Officer, Big Data Specialist e Service Development Manager.

In particolare, le skills richieste sono la capacità di sviluppare software per iOS o Android, o di programmare in C#, Java e Python.

Allargando lo sguardo dall’Italia al mondo, in Svizzera e Stati Uniti queste competenze sono decisive per trovare lavoro in poco tempo, e con un’ottima retribuzione media: dai 110.000 dollari all’anno.

In Italia, se le cifre non arrivano a tetti così alti, è stata comunque intravista una progressiva crescita degli stipendi: nel 2017 si è potuto notare un aumento del 4,3% per le figure quadro di aziende specializzate in informatica ed elettronica, del 6% per i dirigenti. La regione in cui si è assistito all’aumento di richiesta più alto è la Lombardia, la cui domanda di professionisti di questo settore rappresenta il 48% di quella di tutta la penisola.

Smart working e lavoro ICT: alcune buone pratiche

Non solo agiatezza economica: per i professionisti dell’informatica sembra molto più concreta che per altre professioni la possibilità dello smart working.

Che cos’è lo smart working? Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano è una nuova filosofia manageriale che ha come obiettivo la restituzione alle persone di autonomia e flessibilità nella gestione di spazi, orari e strumenti di lavoro; ciò è possibile puntando, d’altro canto, alla responsabilizzazione sull’ottenimento dei risultati.

Smart Working in Siemens Italia

In parole povere, uno smartworker può lavorare da remoto, in casa propria o dove preferisce, senza dover uscire di casa per raggiungere l’ufficio obbligatoriamente. Per i pendolari, che in questo modo possono risparmiarsi ore di viaggio sui mezzi o affrontando il traffico con la propria automobile, e per chi non riesce a concentrarsi bene in ufficio, è sicuramente la soluzione migliore.

In Italia questa pratica è ancora poco diffusa, in particolare nelle PA e nelle Piccole Medie Imprese; secondo un’inchiesta svolta dal Corriere della Sera, di fronte a una percentuale del 70% di professioni che potrebbero essere svolte da remoto, solo il 7% della forza lavoro italiana ha avuto modo di sperimentarlo. La zona dove è più fortemente radicata questa pratica è il nordovest, con il 48% degli smartworker.

Tuttavia, anche se può all’apparenza sembrare semplice, questa modalità di lavoro non lo è affatto da mettere in pratica, perché richiede doti organizzative non comuni e soprattutto una corretta formazione nell’uso della tecnologia. Ecco perché, d’altro canto, i professionisti dell’Information Technology appaiono come i migliori candidati ad utilizzarla.

Vediamo assieme alcuni esempi di aziende che praticano lo smart working efficacemente:

  •  Ferrero: i lavoratori da remoto hanno risparmiato in tutto 5000 ore di viaggio su 12.000 ore lavorate. Sono stati evidenziati miglioramenti nell’organizzazione del tempo, nell’autonomia e nel rispetto delle scadenze. La qualità del lavoro non è cambiata fra quello svolto in ufficio o a casa.
  • Axa: in questa azienda sono state eliminate le postazioni fisse, privilegiando la costituzione di diversi ambienti dedicati per diversi obiettivi: collaborazione, concentrazione, innovazione, creatività.
  • Generali: è stata riscontrata maggiore produttività e soddisfazione, oltre ad un’aumentata capacità di gestirsi autonomamente. È aumentata inoltre la fiducia verso l’azienda, perché ad ogni lavoratore da remoto è stato fornito un pacchetto tecnologico, un “ufficio mobile”, composto da telefono, pc e software ad hoc per l’accesso al gestionale dell’azienda.
  • Tim: nel primo semestre del 2016-2017 è stato calcolato che grazie allo smart working sono state risparmiate all’ambiente 1.400 tonnellate di CO2.
  • Reallyzation: si tratta di una piattaforma innovativa rivolta al recruiting di personale ICT portando il focus sul talento e non sulla posizione geografica. Nata in Italia, pratica una modalità di smart working talmente “integrale” da avere 45 dipendenti sparsi in ben 3 paesi dell’UE. Grazie al lavoro da remoto, il business non viene appesantito da continui viaggi. Tuttavia, il percorso di avvicinamento a un’organizzazione così snella non è stato semplice: l’azienda ha dovuto lavorare su puntualità, spazi, comunicazione e uso della tecnologia da parte di dipendenti e dirigenti per raggiungere un altissimo livello di efficienza. Inoltre, si è cercato di progettare il tutto senza dimenticare l’importanza del contatto fisico, comunque necessario ad una squadra affiatata che si rispetti. Per questo l’azienda è molto impegnata nel team building e nel curare aspetto e conformazione delle 3 sedi, che devono risultare accoglienti in ogni momento nel caso in cui un lavoratore senta il bisogno di lavorarci. Un occhio particolare è inoltre dato al personale junior: durante i primi tempi, i nuovi assunti sono “obbligati” a presentarsi in sede, affinché possano essere seguiti meglio dai senior.

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